Sunday, August 30, 2009

Finché ci sarà Berlusconi, l'Italia è «inadatta ai vertici». Questo il titolo di un editoriale con cui il Guardian rilancia le critiche a Silvio Berlusconi e risponde alle affermazioni del premier. Nel giorno di apertura del vertice a L'Aquila, il quotidiano britannico ricorda che il premier italiano, di fronte alle accuse di avere intrattenuto escort nelle sue case a Roma e in Sardegna, dice che gli italiani lo vogliono così. «Questo – si legge - solleva l'interrogativo: se l'Italia vuole Mr. Berlusconi come suo primo ministro, il G8 dovrebbe volere l'Italia?».
Il Guardian si domanda «se l'Italia, dopo un decennio di deriva economica, ora risponda ai requisiti di base per sedersi a qualsiasi tavolo internazionale». E' al 76.mo posto nell'indice della libertà economica dell'Heritage Foundation, dietro a Kirghizistan, Mongolia e Madagascar, fa notare l'editoriale, non firmato, del quotidiano britannico. E' al 55.mo posto nella lista dei Paesi meno corrotti. «I politici italiani sono considerati meno affidabili di quelli di Pakistan, Bielorussia, Azerbaigian, Senegal e Sierra Leone»
I leader riuniti a L'Aquila hanno, secondo il Guardian, tutte le ragioni di chiedersi se sono finiti in uno dei primi Paesi del mondo o in un Paese del Terzo Mondo. «A giudicare dagli standard dell'Italia di libertà economica, corruzione e libertà della stampa, la risposta non è ovvia».
«Berlusconi è il sintomo, ma non necessariamente l'intera causa della deriva del Paese», continua il Guardian. «Gli italiani non sono scandalizzati da lui. Sono sgomentati dal fatto di essere criticati dalla stampa straniera a causa sua, ma non chiedono che l'uomo se ne vada».
Gli italiani «segretamente» ammirano l'abilità dei loro leader a cavarsela quando sono messi alle strette. «Finché gli italiani non cominciano a chiedere seri standard ai propri leader, il Paese forse non è il migliore luogo per vertici mondiali seri», conclude l'editoriale.
Nel merito, in un pezzo con un ampio richiamo sulla homepage del suo sito, il Guardian difende la fondatezza delle proprie notizie.
Nel servizio, intitolato «Silvio Berlusconi contrattacca alle critiche sul summit G8», Julian Borger e John Hooper riferiscono che Berlusconi ha tentato di respingere le accuse che i preparativi del vertice sono stati così caotici da mettere in questione l'appartenenza dell'Italia al G8. L'articolo riferisce che Berlusconi ha definito quanto pubblicato dal Guardian «una colossale cantonata di un piccolo giornale».
Il quotidiano britannico ribadisce che le sue fonti, che non vogliono essere nominate, hanno detto al Guardian che in assenza di iniziative per il summit, Washington aveva organizzato le teleconferenze tra gli sherpa. Il portavoce del ministero degli Esteri italiano ha ribattuto che c'è stato un fraintendimento e che il giro di telefonate era stato organizzato dagli Usa in vista del G20 di Pittsburgh a settembre. Il portavoce ha aggiunto che un'iniziativa sulla sicurezza alimentare, che il Guardian attribuiva agli Usa, era stata in realtà gestita dall'Italia.
Il Guardian scrive che le proprie fonti hanno confermato quanto pubblicato sul quotidiano britannico: «L'Italia ha fatto circolare un documento sulla sicurezza alimentare l'anno scorso, ma al Guardian risulta che l'iniziativa nella sua forma attuale, mirante a sostenere gli agricoltori nei Paesi in via di sviluppo, sia stata messa insieme sotto la leadership Usa. Le telefonate degli sherpa riguardavano principalmente l'incontro del G8 a L'Aquila».
L'articolo concede che anche la Gran Bretagna era stata criticata per l'organizzazione del G20 a Londra lo scorso aprile. E spiega che nei prossimi tre anni gli europei saranno sotto pressione per decidere chi li deve rappresentare nel G8 o nel gruppo più ampio che gli succederà, nel consiglio Onu e nel Fondo monetario internazionale. Le tre istituzioni dovranno essere riformate ed è probabile che ci sia una «diluizione dell'influenza europea» e che alcuni Paesi debbano uscire. Secondo un esperto americano della Brookings Institution, Bruce Jones, «è inevitabile che gli Usa svolgano un ruolo più centrale nella gestione di un G8 allargato».

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Saturday, August 29, 2009

Patrick Daniel Tillman (San José, 6 novembre 1976 – Sperah, 22 aprile 2004) è stato un giocatore di football americano statunitense che, in risposta agli attacchi del 11 settembre 2001, abbandonò la carriera di sportivo professionista e si arruolò nell'esercito degli Stati Uniti. Venne ucciso in Afganistan da "fuoco amico".
La morte di Tillman divenne una controversia nazionale quando si scoprì che il Pentagono non solo aveva tenuto per settimane nascoste le reali circostanze della sua morte, indicandola inizialmente provocata da fuoco nemico, ma aveva intenzionalmente dato notizie false al fine di costruire utilizzando la morte di Tillman, un mito eroico per ottenere consenso dall'opinione pubblica e distoglierla dallo scandalo delle torture nel carcere di Abu Graib. Solo la tenacia nella ricerca della verità da parte dei familiari di Tillman, specie la madre ed il fratello, ha permesso la precisa ricostruzione degli eventi.
Tillman era un campione del football, nella Nfl, un linebacker degli Arizona Cardinals, un difensore stimato, titolare da diverse stagioni. Nel 2000 aveva addiritura stabilito il record di tackles per la franchigia dell'Arizona: 224. Eppure non si può pensare di giocare a football dopo quello che è successo, diceva. E siccome mai nella vita era stato impulsivo, la sua decisione non arrivata dal giorno alla notte. Durante quella stessa estate del 2001 ci fu per la verità un altro episodio che dimostrò che razza di personaggio era: i St.Louis Rams gli offrirono un contratto quinquennale che gli garantiva un guadagno complessivo di 9 milioni a stagione. Lui disse no, "per lealtà ai Cardinals", spiegò. Ha giocato ancora nella stagione 2001/02, poi ha sposato Marie. Quindi, al ritorno dalla luna di miele, ha scelto: basta football, basta Nfl, era arrivato il momento di fare qualcosa. Si arruolò nell'esercito, nei Rangers, corpo d'elite ma dell'esercito, non i più celebrati Marines: stipendio medio 18.000 dollari l'anno. Per guadagnare quel che avrebbe percepito nei tre anni successivi (48 partite in tutto) gli sarebbero serviti 200 anni nell'esercito. Ma a lui andava bene così. A lui e a suo fratello Kevin, a sua volta atleta di valore, minorleaguer di baseball con l'organizzazione dei Cleveland Indians, disposto a condividere la stessa coraggiosa scelta. Entrambi, per quel coraggio, erano stati premiati dall'emittente sportiva Espn con l'Arthur Ashe Courage award. Insieme sono partiti in missione per il Medio Oriente. Solo che Pat non tornerà, ucciso mentre con i suoi compagni del 75° Reggimento Rangers stava rastrellando la zona a caccia di talebani.
Lo stesso sito della Nfl gloriò Tillman a tutta home page titolando "A true Hero", Un vero eroe, raccontando di una carriera eccezionale, fin dai tempi della scuola. Il diploma con lodi e onori all'high school, la laurea in marketing e la brillante carriera nel college football con Arizona State. E poi l'ascesa in Nfl: 5 stagioni (478 tackles, 3 intercetti, 2 sacks.
È rimasto ucciso durante un pattugliamento da fuoco di militari americani tra le montagne dell'Afghanistan sud-orientale, nell'altra guerra, quasi dimenticata, in Afganistan. Pat Tillman, 27 anni, ex star della National Football League, è la prima vittima famosa nella crociata dell'amministrazione per il dominio di una zona del mondo strategica per i combustibili fossili. La notizia della sua morte ha avuto un enorme impatto sull'opinione pubblica americana, nel giorno della polemica per la pubblicazione delle foto con le bare dei soldati caduti in Iraq.
Era dai tempi di Ted Williams - la superstar del baseball che rinunciò ai cinque migliori anni di carriera per combattere, prima contro Hitler e poi sul fronte della Guerra in Corea - che un campione dello sport Usa non abbandonava il campo da gioco, la fama e i miliardi per difendere la Patria. Quando Tillman aveva deciso di partire per il fronte, insieme al fratello minore Kevin (anch'egli giovane promessa della Nfl) era circolata la diceria infondata che entrambi volessero vendicare una persona cara scomparsa negli attentati dell'11 settembre, ma in realtà Tillman dichiarò di voler seguire la tradizione familiare che aveva visto prima suo nonno poi il padre contribuire militarmente per la loro nazione.
«È partito di nascosto, senza dire nulla a nessuno - spiega un amico -. E anche quando i media l'hanno scoperto, si è sempre rifiutato di concedere interviste per spiegare la sua scelta». Ma chi lo conosceva bene se l'aspettava. «Pat è sempre stato un diverso - scrive il columnist sportivo Mike Freeman - un misto di machismo, umiltà, altruismo ed egocentrismo: un uomo in costante sfida con se stesso. Sin dall'infanzia». A cinque anni, durante un tornado, sgaiattolò fuori dalla casa di famiglia a San José, in California, e si avvinghiò alla cima di un albero. «Voglio sentire il vento sulla faccia», urlò alla madre che cercava di farlo rientrare.
La sua fama di eccentrico lo inseguì durante gli anni all'Arizona State University - dove si è laureato in marketing con una borsa di studio - quando aveva l'abitudine di salire sopra la torre più alta dello stadio (61 metri) per meditare. Per schiarirsi le idee, Tillman rischiava la vita. «Se non lo conosci pensi che sia pazzo da legare - lo aveva difeso Phil Snow, suo allenatore all'Università -. Gli aerei volavano così vicino a lui che avrebbe potuto toccarli. È un tipo davvero temerario». «Mi piacciono le scosse d'adrenalina», si era giustificato lui nel 2000 quando, tediato da una stagione che andava a rilento, aveva deciso di correre la maratona.
«La gente normale quando è annoiata legge un libro - spiega Freeman - Tillman invece compete nel triathlon». I soldi e la fama sembravano quasi dargli fastidio. «Dopo essere entrato nella Nfl si era rifiutato di comprare il cellulare e girava su una vecchia bici - racconta ancora Snow - invece di acquistare un'auto da corsa e altri costosi gadget come i suoi colleghi». Nel 2001, quando rifiutò 9 milioni di dollari dai St. Louis Rams per restare fedele ai Cardinals che gli avevano dato il primo lavoro - ma che erano anche degli eterni perdenti -, la stampa parlò di «ennesima tillmanata».
E anche la sua decisione di arruolarsi nei Ranger non era stata affatto casuale. Uno dei corpi d'elite delle Forze Speciali inviate in Somalia nel ’93 (e al centro del film «Black Hawk Down») i Rangers sono noti per il loro addestramento. Così massacrante e disumano che la maggior parte dei candidati perdono in media 20 chili, e alla fine solo il 30 per cento dei candidati indossa la maglietta nera e oro del corpo. Tillman, ovviamente, era uno di questi.
“È come Forrest Gump. Vuole provare tutto”. Suona macabra ora questa frase di un compagno di Pat Tillman. Aveva lasciato la divisa sportiva per quella da “berretto verde” ed era partito a combattere nella guerra al terrorismo: un eroe del football americano è stato ucciso dai suoi stessi commilitoni. Il campione aveva abbandonato a metà del 2002 una carriera da Defensive Back negli Arizona Cardinals per arruolarsi nell'Esercito. Del resto, cos’è un contratto triennale da 3,6 milioni di dollari quando lo Zio Sam di elargisce uno stipendio da 18mila dollari in un solo anno?
La vita ha imitato il fumetto, e ne ha tratto le più estreme conseguenze. Tillman tornerà in patria in una delle bare d'alluminio piene di ghiaccio e ricoperte dalla bandiera che, contro il parere e gli ordini del Pentagono, sono finite in prima pagina su tutti i giornali Usa. Una bara eccellente, di fronte a ormai centinaia di bare anonime sfilate fino ad oggi di nascosto nell'obitorio della base di Dover dove arrivano da mesi i cadaveri dei caduti. Un paradosso, estremo anche questo, per una star che aveva voluto combattere in assoluto anonimato.
Pat Tillman aveva 27 anni, due anni fa aveva rinunciato a gloria, amore e soldi per imbracciare le armi, per essere in prima linea nella lotta al terrorismo. Sette settimane dopo essere tornato dalla luna di miele, aveva lasciato la moglie e una carriera da star. «Non se la sentiva più di giocare in difesa quando fuori dal campo c'era il suo paese da difendere da un nemico più forte e insidioso in agguato», aveva detto all’epoca un collega del campione. Finito l'addestramento a Fort Benning, dove aveva rifiutato rigorosamente qualsiasi intervista per restare anonimo, uguale a tutti gli altri, nel marzo 2003 Pat era stato inizialmente spedito in Iraq nelle avanguardie dell'invasione, poi era stato trasferito in Afghanistan. Tuttavia Tillman resto ben presto deluso e la sua adesione alla guerra dell'amministrazione Bush diventò presto dissenso ed aperta contestazione: durante il periodo elettorale per il secondo mandato Bush, Tillman esortava apertamente i sui compagni a votare per l'avversario, il democratico Kerry. Tillmam aveva capito che la guerra era tutt'altro che una missione di libertà e contrattacco all'11 settembre e del disinteresse del governo americano per le popolazioni locali
Un metro e ottanta di altezza per cento chili di peso, un misto - dicevano gli amici - di «muscoli e di umilta», Tillman era considerato un modello per i ragazzi americani: oltre alle doti di campione dello sport, si era distinto negli studi al college e finito l'università con una laurea con lode in tecniche del marketing. Il salto di carriera l'aveva fatto con il fratello minore Kevin a sua volta una promessa del baseball. Nei giorni dell'arruolamento era circolata la voce, mai confermata, che avessero perso una persona cara negli attentati dell'11 settembre: questo avrebbe provocato la decisione shock di partire per la guerra. L'anno scorso i due fratelli si erano guadagnati l'Arthur Ashe Courage Award destinato a individui il cui contributo trascende lo sport.

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Wednesday, March 19, 2008


Vieira - Dalai Lama 1-0
Il massacro dei tibetani è sulle prime pagine dei più importanti giornali del mondo libero. Da noi è un po' meno presente. Questione di priorità. In Italia l'informazione è serva, ma in modo comico, surreale, cialtronesco. Gli articoli sono palle colorate lanciate in aria dai clown dell'informazione assunti come direttori di giornali.Il Corriere della Sera di ieri. Prima pagina. Foto centrale con "Vieira fa gol per Mancini" , 12 cm x 14,5, e sulla destra un titolo "Marina fa l'elogio di Luxuria, 2 cm x 11,5. In alto a destra un richiamo al Dalai Lama, 5 cm x 5,5 titolo e inizio articolo compresi e subito sotto un lancio dell'intervista a Andrè Glucksmann "Boicottare i Giochi non serve a nulla", 6,5 cm x 5,5: un centimetro più del Dalai Lama.Il lettore che ripone la sua fiducia in Paolo Mieli e nel "salotto buono" del Corriere si inoltra a questo punto nella lettura delle pagine interne. Cerca, come è naturale, la notizia del giorno. Tibet, Lhasa, Dalai Lama, Cina, Giochi Olimpici. Pagina 2 e 3 sono dedicate alle amministrative in Francia. Certo, sono importanti, ma il Tibet? Sfogliamo. A pagina 5, dopo la pubblicità, c'è una foto di Testa d'Asfalto, 13 cm x 13,5, sotto il titolo "Protesta sulle pensioni, Berlusconi frena", 28,5 cm x 1,5. Andiamo avanti. Pagina 6 è dedicata a "La cura Air France all'esame del governo", titolo da 29,5 cm x 1 e due foto 2 cm x 2 della coppia Formigoni - D'Alema con le loro dichiarazioni in box virgolettati da 7 cm x 2.Dopo le fondamentali opinioni dei nostri statisti Lhasa può sempre attendere. Doppia pagina 8/9 sul servizio "Emergenza imballaggi", titolo monstre 24,5 cm x 2,5 e una foto con gli ortaggi di stagione 37 cm x 24. Pagina 10 e 11 a questo punto non ci deludono. Della repressione cinese ancora non c'è una riga, ma le interviste riportate sono fondamentali. Titoli: "Veltroni sfida il Cavaliere. Siete voi che copiate" 17 cm x 3, "Capotondi: non corro, vorrei Silvio e Walter insieme" 26 cm x 1, "Mussi, il trapianto e la politica. Mi ha salvato mia moglie", 17 cm x 3. E' presente in una colonna personale di 33 cm x 4 anche l'immancabile monito dal Colle "Napolitano: politica urlata un danno alle istituzioni".Sfinito, anche il più accanito lettore di Romano e Severgnini non si aspetta più nulla sul Dalai Lama e, infatti, lo accolgono a pagina 12 la pubblicità e a pagina 13 a famiglia Berlusconi, mezza pagina a testa per il papà Silvio e la figlia Marina. In alto: "Berlusconi: urne, c'è il rischio di brogli", 25 cm x 1,5 e, sopra il titolo, "Per vigilare sulle elezioni ci sarà l'esercito dei difensori della libertà. E ricorda la prima fidanzata" 23 cm x 0,5. Sotto: "Marina a sorpresa: mi piace Luxuria è preparata e spiritosa" 9,5 cm x 4. Le foto del papà con folla adorante, 26, 5 cm x 7,5, e della figlia, 15 cm x 9,5, completano la pagina. Ma non bisogna mai disperare. Infatti, a pagina 14 c'è il Tibet con il titolo su due righe "In Tibet genocidio culturale. Ma no al boicottaggio dei Giochi" 21, 5 cm x 3 e a pagina 15, a fronte l'intervista a Glucksmann "Disertare Pechino? Così non serve" 20,5 cm x 1,5. Il messaggio di pagina 14 e 15 è quello di non disertare i Giochi. La libertà del Tibet può attendere.Per curiosità ho confrontato il Corriere con il Financial Times di ieri.

Tuesday, March 11, 2008




A TUTTI I POLITICI,
A TUTTI QUELLI CHE CI HANNO FINO AD ORA INFOGNATI ED A TUTTI QUELLI CHE A NAPOLI HANNO FATTO SI' CHE LA CITTA' MORISSE AVVELENATA , VI DICO VERGOGNATEVI ED ABBIATE IL CORAGGIO DI ANDARVENE.
ANDATE IN PENSIONE PERCHE' DOVREMO CONTINUARE ANCORA A MANTENERVI...
PENTITEVI ED ANDATE VIA DAL NOSTRO PAESE , DAI NOSTRI CERVELLI...

Sunday, September 04, 2005

Ciao ragazzi sono ritornato, ve lo avevo promesso che mi sarebbe piaciuto avere un sogno... NIENTE PIU' PRIVILEGI ai nostri detentori del marasma politicante da strapazzo.
Mi piacerebbe che tutte le cose gratis , di cui usufruiscono le pagassero, come facciamo noi.
Che non avessero più i viaggi in aereo gratis, circolazione sulle autostrade gratis, piscine e palestre gratis, ferrovie gratis!
Aereo di stato, ambasciate, cliniche, assicurazione infortuni, assicurazione morte, auto blu con autista, gratissss !!!
Ristorante gratis ( nel 1999 hanno mangiato e bevuto gratis per Euro 1.472.000,00 ).
Intascano uno stipendio ed hanno diritto alla pensione dopo 35 mesi in parlamento, mentre obbligano i cittadini a 35 anni di contributi.
Circa 103.000.00 li incassano con il rimborso spese elettorali ( in violazione alla legge sul finanziamento ai partiti) ; più i privilegi per tutti quelli che sono stati presidenti della Repubblica, del Senato, della Camera.
Un esempio? La signora Pivetti ha a disposizione e gratis... un ufficio, una segretaria, l'auto blu ed una scorta sempre al suo servizio.
LA CLASSE POLITICA HA CAUSATO AL PAESE UN DANNO DI 1 MILIARDO E 255 MILIONI DI EURO.
La sola Camera dei deputati costa al cittadino EURO 2.215,00 AL MINUTO!!!
E' una VERGOGNA che questi politicanti da circo, parlino di far sacrifici, quando lo sperpero è perpetrato dalla stessa classe dirigente e da chi si definisce all' opposizione.
MANDIAMOLI A LAVORARE ... NELLE FABBRICHE, O A MANTENERSI UN OCCUPAZIONE COME TANTI ARTIGIANI INDEBITATI FINO AL COLLO , MA SOPRATTUTTO SVEGLIAMOCI...
CIAO , ALLA PROSSIMA.